Innamorati del territorio

Pezzazole – Frazione di Pezzaze

 

Etimologia: se si accetta la derivazione del nome “Pedadè” da pes, piceus sarebbe sinonimo di “pineta”mentre “Pedadole” un diminutivo dello stesso e significherebbe “piccole pinete”, negli anni tagliate per lasciare il posto a campi, pascoli, costruzioni e strade.

Scotòm (parola dialettale che indica il soprannome): matti della terra rossa, gente molto schiva, poco socievole, scorbutica. Qualcuno sostiene che questo soprannome derivi dal fatto che la maggior parte degli abitanti di questa frazione fosse comunista, altri, che il nome derivi dalle vicissitudini e morti poco felici di persone che hanno abitato qua; altri ancora che derivi dal fatto che il terreno qui sia argilloso e non permetta l’assorbimento delle acque.

COSA VEDERE

 

Miniera Stese

 

 

La coltivazione dei giacimenti minerari in Provincia di Brescia ha una tradizione millenaria. Le prime attività di estrazione furono intraprese già nell’età del Ferro e proseguirono poi in epoca romana. Nella zona di Pezzaze, di particolare interesse è il ritrovamento di “scorie di fusione” che documentano una diffusa lavorazione del minerale in ambito locale fin dalla preistoria.

Durante l’epoca medievale, le miniere appartenevano ai minatori che le avevano scoperte, anche se le vene più ricche erano di proprietà di Signori del luogo o di mercanti di Brescia. Nelle imprese minerarie vi era un’ampia partecipazione pubblica; i Comuni ottenevano queste proprietà sia dai diritti derivanti dagli scavi, dai passaggi e dalla costruzione sui terreni pubblici che da crediti dovuti da privati. Alcune miniere, o parti di esse, appartenevano a confraternite, cioè a libere associazioni di fedeli in prevalenza laici.

A partire dalla seconda metà dell’800, con l’introduzione di sistemi di scavo sempre più redditizi e razionali, e con l’impegno prima di illuminati imprenditori locali e successivamente della grande industria, si concentrò nelle tre valli bresciane, Val Trompia, Val Sabbia e Val Camonica, una fiorente attività metallurgica, che, con alterne fasi di prosperità, consentì di mantenere produttiva l’attività mineraria. Personaggio del periodo di rilevante importanza per l’attività mineraria valtrumplina fu sicuramente Giuseppe Ragazzoni, farmacista bresciano, ma profondo ed appassionato conoscitore degli aspetti geologici e minerari di questa zona. Insieme al cugino Giuseppe Zamara, ottenne, nel 1883 nel territorio di Pezzaze, la concessione mineraria Regina Zoie e Valle della Megua per l’estrazione di minerali di ferro e di rame. Nonostante l’introduzione di nuovi metodi di scavo, la coltivazione del minerale, come testimoniato anche dall’ingegner Zappetti del Distretto Minerario di Milano, non seguiva alcuna regola o concetto tecnico, ma si basava unicamente sul puro empirismo del capo minatore. Ecco allora che Ragazzoni, per ovviare a questa metodologia di lavoro assai irregolare, senza metodo, cominciò a usufruire delle conoscenze scientifiche e diede inizio a nuovi studi sulla geologia locale, finalizzati alla ricerca di filoni e banchi mineralizzati di interesse economico. Grazie alla sua grande professionalità e anche ai contatti in Francia ed in Inghilterra con illustri personaggi del campo delle scienze naturali, Ragazzoni divenne il punto di riferimento per l’estrazione dei minerali e la fusione dei metalli. All’inizio dell’ultimo ventennio del XIX secolo, si insediò in Val Trompia la Società Altiforni di Terni, al tempo principale produttore nazionale di materiali ferrosi; così per alcuni anni, dopo un periodo iniziale non particolarmente incoraggiante, con razionali lavori minerari, la Terni realizzò notevoli produzioni di siderite, installando nella zona alcuni forni di arrostimento del minerale. Questa società nel 1886 rilevò la concessione mineraria precedentemente del Ragazzoni; in questo periodo acquisì altre miniere e forni valtrumplini. Immediatamente incominciò i lavori per la realizzazione della galleria Stese, in territorio di Pezzaze: costruita operando per la prima volta con perforatrici meccaniche a vapore, fu arrestata dopo circa 488 metri, senza che venissero incontrati rilevanti livelli produttivi. La Terni abbandonò le concessioni nel 1932. La Società Anonima Fratelli Marzoli, azienda meccano-tessile di Palazzolo sull’Oglio, ottenne la concessione mineraria della Miniera Stese nel 1937 e l’anno successivo iniziò i lavori estrattivi. In particolare, la Marzoli ottenne la concessione della miniera Pezzaze per l’estrazione di minerali di ferro, rame e piombo; in questo ambito riprese lo scavo della galleria mineraria Stese, con la coltivazione di alcuni modesti banchi sideritici. Nel luglio del 1939 il personale complessivo, tecnico e amministrativo della ditta Marzoli assommava a 100 unità, con un’età oscillante fra i 17 e i 64 anni. L’economia di guerra incentivò l’attività: tra la fine degli anni trenta e l’inizio degli anni quaranta si costruirono forni di torrefazione, teleferiche, depositi ed officine. La rilevazione del 1938 evidenziò un notevole fermento di attività minerarie in sintonia con la nuova politica autarchica del governo; durante il conflitto mondiale si ebbe un’impennata delle produzioni che comunque cesseranno alla fine della guerra. Con il risveglio economico degli anni ’50 si verificò una nuova ripresa dell’attività mineraria. Nel 1958 la concessione mineraria comprendente la miniera Stese passò nelle mani del Consorzio Minerario Barisella, composto dalla Società Falck Acciaierie e Ferriere Lombarde di Milano, dalla Ditta Fratelli Marzoli di Palazzolo e dalla Stabilimenti Sant’Eustachio di Brescia. Esso, pur non cessando la coltivazione di minerali di ferro, si impegnò principalmente nell’estrazione della fluorite, che aveva acquistato nel tempo mercato in quanto utilizzabile nell’industria del vetro, degli smalti e come fluidificante in quella siderurgica; tale attività continuò fino al 1972.

All’esterno della miniera, vi era il personale addetto alla cernita del minerale. Questo ruolo di cernitore, cioè quello di separare il minerale dallo sterile, veniva svolto quasi esclusivamente dalle donne, a cui era negato, almeno a Pezzaze, entrare in miniera. Sul piazzale vi erano i binari che da un lato entravano in miniera e dall’altro portavano ai forni di torrefazione, stabile ancora presente anche se vetusto e bisognoso di un recupero strutturale.

Fino agli anni ’60, il piazzale antistante la miniera era un luogo magico per i ragazzi: l’attraversamento della dalla buia e breve galleria che portava al luogo dei forni rappresentava una e propria prova di coraggio. Inoltre, chi aveva un parente godeva anche, in via straordinaria, di un passaggio sul trenino, assai lento e carico di minerale di ferro fino al luogo di separazione del materiale. La Maestra Ivana è salita ancora con suo zio Cesare.

 

Chiesa di San Giuseppe

 

 

San Giuseppe, patrono universale della Chiesa, la cui festa si celebra ogni anno della terza domenica dopo Pasqua (qui a Pezzaze si festeggia il 1° maggio). E’ stata edificata nel 1792 durante il parrocchiato dell’Arciprete Richetti che l’affidava a uno dei suoi vicari cooperatori e nel 1815 si iniziava la celebrazione della messa quotidiana. E’ dotata di un bell’altare in legno dorato e un quadro che rappresenta San Giuseppe e Santa Lucia illuminati dal trionfo della Santissima Croce. La chiesetta di Pezzazole, edificata nel 1792 è dedicata a San Giuseppe e Santa Lucia. Padre putativo di Gesù e sposo della Vergine Maria, San Giuseppe conservato già nel IV secolo, simbolo di umanità e spedizione viene ricordato il 19 marzo ed il 20 luglio. Altro patrono della frazione dimentico al popolo è Santa Lucia. Martire della Chiesa è registrato patrona della vista e di tutti coloro che soffrono. Ricordata il 13 dicembre; prima dell’avvento del calendario gregoriano la festa ricadeva il giorno del solistizio d’ inverno (da qui il detto “Santa Lucia il giorno più corto che ci sia”)

Da Pezzazole parte la mulattiera che permette di raggiungere varie località tra cui Eto, Canelli e Bovegno, passando proprio davanti al Santuario della Madonna della Misericordia

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