Pezzaze… Ricordo di un tempo che fu “Vì de Pirle”
Nonno Giacomo (Facchini) classe 1911
Bevanda leggermente alcoolica di tradizione contadina realizzata con la spremitura a freddo di Pere Sorbo, una qualità di pere locali di piccola dimensione e di color marroncino più comunemente conosciute come “Pirle”.
Dopo la raccolta prevista nel mese di settembre, le pirle si lavavano e, senza privarle né della buccia e nemmeno del torsolo, il nonno Giacomo, che possedeva numerose piante nel suo terreno, le lasciava macerare in grossi secchi di legno per circa quindici giorni.
Al termine del periodo di macerazione, le pirle erano spremute tramite un torchio manuale di legno, già utilizzato dal bisnonno e probabilmente da lui realizzato, attraverso la rotazione di un bastone (praticamente un rudimentale manubrio) che permetteva alla grande vite del torchio di schiacciare la frutta favorendo la fuoriuscita del succo per mezzo di una canalina, separandolo dalla parte inutilizzata (che non si sprecava ma era aggiunta al cibo per l’alimentazione dei maiali allevati in cascina).
Realizzata la spremitura, senza l’aggiunta di nessun ingrediente che potesse variarne il sapore o favorirne la conservazione (per questo motivo la bevanda doveva essere consumata in tempi relativamente brevi), dopo averlo filtrato per eliminare eventuali residui, il succo era riposto in piccole bocce di vetro e conservato nel cadenet (ambiente prevalentemente buio, fresco ed asciutto, principalmente adibito alla stagionatura di formaggi e salumi): il liquore, anzi el vì de pirle era ora pronto per la consumazione.
Il vì de pirle, dall’aspetto denso e dal sapore dolce e delicato, era gustato principalmente nei momenti conviviali in famiglia o in compagnia di amici: attorno al fuoco, con l’immancabile fisarmonica suonata dal nonno, la bevanda era molto apprezzata in autunno abbinata alle caldarroste, mondoi dalle nostre parti.
Isabella Bresciani